Chirurgia generale: visita medica, diagnosi e trattamento

Interventi di Laparoscopia, Obesità Addominale, Colecistectomia

Questa sezione del sito ha l'obiettivo di illustrare sinteticamente gli interventi eseguiti più frequentemente con l'obiettivo di permettere al paziente una comprensione iniziale del proprio problema che deve necessariamente essere integrata con la visita medica specialistica per consentire una diagnosi ed un trattamento corretti.

Le notizie contenute nelle pagine collegate a questa introduzione sono strutturate pensando alle domande con cui spesso i pazienti iniziano il dialogo nel mio ambulatorio.

È infatti inconsueto ormai, grazie al grande affinamento delle tecniche diagnostiche radiologiche e endoscopiche, che un paziente chieda una valutazione chirurgica senza avere già un'idea sulla diagnosi e sul possibile trattamento. Non potendo però essere completamente esaustivo in una sede preliminare come questa, penso che illustrare esempi di situazioni standard non complicate possa essere utile almeno a non creare confusione.

Asportazione di nei, lipomi, cisti cutanee, piccole revisioni di cicatrici, piccoli interventi proctologici, piccole procedure estetiche al viso o alle orecchie...

Si tratta dei cosiddetti interventi ambulatoriali, eseguiti cioè in un ambulatorio con attrezzature simili a quelle di una sala operatoria vera e propria ma senza la strumentazione necessaria per l'anestesia generale.

Si eseguono infatti in anestesia locale, necessitano solo di un breve periodo di osservazione prima di poter tornare alle normali occupazioni.

E' necessario comunicare al Chirurgo eventuale assunzione di farmaci che possono interferire con la coagulazione del sangue ed eventuali allergie a farmaci. Prima dell'intervento è opportuno assumere i normali farmaci e non assumere cibo nelle 2-3 ore precedenti all'intervento. Dopo l'intervento vanno osservate piccole precauzioni indicate dal Chirurgo al momento dell'intervento, può essere necessaria una terapia antidolorifica orale, dopo 7-14 giorni è necessario un controllo per medicazione ed eventuale rimozione dei punti di sutura.

La Chirurgia dell'Obesità, o Chirurgia Bariatrica, è una branca della Chirurgia Generale con l'obiettivo di curare i pazienti affetti da aumento di peso che non riescono a risolvere il problema con i tentativi dietetici e comportamentali.

Il numero di interventi eseguiti è aumentato esponenzialmente dagli anni '70 ad oggi seguendo l'evoluzione della ricerca scientifica su questo interessante settore. Trattandosi di interventi rivolti a persone con un problema fisico, ma in effetti applicati su organi "sani", l'evoluzione della pratica clinica è sempre stata ordinata da linee guida molto precise per consentire dapprima il consolidamento di tecniche chirurgiche nascenti e attualmente per evitarne l'uso al di fuori di quanto stabilito dalle Società Scientifiche.

Dalle prime linee di comportamento elaborate nel 1991 dal National Institute of Health, attraverso l'evoluzione continua della conoscenza, attualmente il punto di riferimento italiano è la Società Italiana di Chirurgia dell'Obesità e delle Malattie Metaboliche (www.sicob.org) che ha reso ufficiali i modelli informativi e di consenso informato allegati a questa pagina.

Il concetto cardine per cui si può proporre un intervento chirurgico come terapia di una condizione comportamentale è che il paziente obeso sottoposto a dieta o modifiche dello stile di vita può tendere a perdere una parte del peso ma poi tende a riguadagnare quanto perso, mentre il paziente operato ha maggiore probabilità sia di perdere peso che di non riprenderlo. Dato che l'eccesso ponderale è correlato a problematiche come diabete, cardiopatie, pneumopatie, ecc., il rischio immediato dell'intervento chirurgico risulta essere inferiore ai rischi a lungo termine dei gravi eventi acuti in probabilità proporzionale al valore di BMI, che possono anche portare al decesso.

Rimandando ogni descrizione tecnica alla lettura degli allegati, mi sembra opportuno indicare solo pochi concetti di base di questo tipo di Chirurgia.

La quantificazione del sovrappeso avviene con la formula del Body Mass Index, ovvero BMI, corrispondente a peso in Kg / altezza in metri al quadrato. Esempio, persona di 180 cm. di altezza e 95 Kg. di peso: BMI=95/(1,8×1,8)=29,3.

I limiti per proporre un intervento bariatrico sono il BMI superiore a 40, oppure superiore a 35 se in presenza di condizioni di salute peggiorate in modo oggettivo per colpa dell'eccesso ponderale. Dati gli effetti benefici dell'intervento sul diabete e su altre malattie associate, i limiti inferiori si andranno probabilmente abbassando a BMI 30, come indicato recentemente dalle raccomandazioni della SICOB (ved. allegato pdf).

Possono essere proposti interventi che riducano la capacità dello stomaco di ricevere cibo, interventi che riducano la capacità dell'intestino di assorbire i nutrienti, interventi che uniscano le due caratteristiche. Ma attenzione, non è il paziente che sceglie un intervento in base al "gusto personale" bensì il Chirurgo che inquadra la persona e le sue caratteristiche di vita e propone di conseguenza l'intervento piu' appropriato.

Tutti gli studi e le dimostrazioni scientifiche indicano che la Chirurgia dell'Obesità non è mai un evento isolato, ma è proponibile solo se eseguita come tassello di un mosaico che comprenda un importante lavoro di équipe multidisciplinare in cui, oltre al Chirurgo che esegue l'intervento, devono essere presenti Endocrinolgo-Diabetologo, Nutrizionista, Psicologo, Cardiologo, Pneumologo, Gastroenterologo, Ortopedico, e ogni altro consulente necessario per migliorare le condizioni del paziente in preparazione all'intervento e per seguire il paziente dopo l'intervento.

Si tratta di uno degli interventi più eseguiti nei reparti di Chirurgia Generale. Consiste nell'asportazione della cistifellea (altrimenti chiamata colecisti), necessaria per la presenza di calcoli.
Frequentemente la calcolosi provoca l'insorgenza delle cosiddette "coliche biliari", ovvero dolori intensi intermittenti localizzati nell'addome superiore che possono ripetersi ciclicamente, spesso con inizio successivo a un pasto.
Altre situazioni dipendenti dalla presenza di calcoli sono la colecistite acuta (infiammazione con dolore e febbre) e l'ittero da migrazione dei calcoli dalla colecisti alla via biliare.
Da almeno venti anni l'intervento di colecistectomia viene eseguito per via laparoscopica, con l'ausilio di una telecamera introdotta all'altezza dell'ombelico e altri tre strumenti di diametro inferiore ai cinque mm. che non richiedono incisioni chirurgiche tradizionali. In alcune situazioni complesse é peró ancora necessario fare ricorso all'incisione chirurgica localizzata sotto l\'arcata costale destra o sulla linea mediana.

La degenza dopo l'intervento é normalmente di un giorno in casi non complicati eseguiti per via laparoscopica ma puó prolungarsi per situazioni piú complesse.

Ogni situazione individuale é peculiare e solo con una valutazione specialistica si puó pianificare il trattamento piú corretto.

La laparoscopia é una tecnica chirurgica sviluppata a partire dalla fine degli anni '80 grazie alla presenza di strumenti e materiali sempre piú evoluti, tanto da portare a una vera innovazione con miglioramento della qualità degli interventi chirurgici addominali, eseguibili con traumatismo molto minore rispettoal passato.
La tecnologia necessaria prevede l'utilizzo di una telecamera e altri strumenti (pinze, forbici, coagulatori, ecc.) applicati su uno stelo lungo di diametro variabile da un centimetro a tre mm..
Con questa tecnica si possono eseguire praticamente tutti gli interventi eseguiti in precedenza solo con incisioni addominali che residuavano lunghe cicatrici.
Attualmente la laparoscopia é utilizzata di principio per eseguire l'appendicectomia, la colecistectomia, resezioni del colon, interventi ginecologici, asportazione della milza, chirurgia gastrica per obesità o per reflusso.
Anche variabili dipendenti dalla tipologia di paziente possono incidere nella scelta se eseguire un intervento con tecnica laparoscopica o con incisione laparotomica, tanto che una corretta valutazione puó essere eseguita solo caso per caso in corso di valutazione specialistica.

L’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori e le sue conseguenze rappresentano un disturbo molto frequente e possono interessare anche il 35% degli adulti.
L’evento determinante che crea problemi venosi è la perdita della continenza delle valvole contenute all’interno delle vene delle gambe, evento che crea un ristagno di sangue all’interno dei circoli venosi che quindi si dilatano. La dilatazione delle vene degli arti inferiori e la loro colorazione bluastra vengono chiamati “ varici" se interessano le vene di diametro maggiore, “teleangectasie" se interessano le vene periferiche di calibro inferiore.

I sintomi iniziali più frequenti sono la sensazione di pesantezza delle gambe, crampi notturni, formicolio, bruciore e gonfiore. I disturbi si rendono più evidenti alla sera o dopo prolungata posizione eretta e si rendono più evidenti soprattutto in estate quando il caldo tende naturalmente a far dilatare le vene. Altri fattori che possono aggravare i sintomi sono il sovrappeso, la vita sedentaria, gravidanza, fumo. Con l’aggravarsi della situazione nel corso del tempo possono comparire al di sotto delle ginocchia pigmentazioni e alterazioni di vario genere della cute con lesioni di difficile guarigione. Su questo decorso cronico possono inserirsi fatti acuti come flebiti o tromboflebiti.

La diagnosi si esegue tramite un ecoDoppler venoso che studia la vena safena e la sua valvola principale all’altezza dell’inguine, cioè verifica che il circolo venoso superficiale degli arti inferiori sia inefficiente e quindi crei un problema, oppure che la dilatazione del circolo superficiale dipenda da un problema del circolo venoso profondo, situazione decisamente più complessa da trattare.

Il trattamento iniziale è con farmaci vasotonici e utilizzo di calze elastiche. Il passo successivo sono i trattamenti ambulatoriali su piccole varici con iniezioni sclerosanti o con laser, mirate a “asciugare” la vena dilatata. Il terzo passo è chirurgico e con radiofrequenza, con rimozione e interruzione dei cortocircuiti venosi e delle varici più grandi. Nel corso degli anni le terapie sono diventate sempre meno invasive, con ripresa postoperatoria sempre più rapida e cicatrici sempre più piccole, con utilizzo di anestesie locali e spinali.